CLASSICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA

Indice degli scritti di A. Gramsci


La taglia della storia

(L'Ordine Nuovo 7 giugno 1919, anno 1 n. 5)

 

Cosa domanda ancora la storia al proletariato russo per legittimare e rendere permanenti le sue conquiste? Quale altra taglia di sangue e di sacrifizio pretende ancora questa sovrana assoluta del destino degli uomini?

Le difficoltà e le obbiezioni che la rivoluzione proletaria deve superare si sono rivelate immensamente superiori a quelle di ogni altra rivoluzione del passato. Queste tendevano solo a correggere la forma della proprietà privata e nazionale dei mezzi di produzione e di scambio; toccavano una parte limitata degli aggregati umani. La rivoluzione proletaria è la massima rivoluzione: poiché vuole abolire la proprietà privata e nazionale e abolire le classi, essa coinvolge tutti gli uomini, non solo una parte di essi. Obbliga tutti gli uomini a muoversi, a intervenire nella lotta, a parteggiare esplicitamente. Trasforma la società dalle fondamenta: da organismo unicellulare (di individui-cittadini) la trasforma in organismo pluricellulare; pone a base della società nuclei già organici di società stessa. Costringe tutta la società a identificarsi con lo Stato, vuole che tutti gli uomini siano consapevolezza spirituale e storica. Perciò la rivoluzione proletaria è sociale: perciò deve superare difficoltà e obbiezioni inaudite, perciò la storia demanda per il suo buon riuscimento taglie mostruose come quelle che il popolo russe è costretto a pagare.

 

La rivoluzione russa ha trionfato finora di tutte le obbiezioni della storia. Ha rivelato al popolo russo una aristocrazia di statisti che nessun'altra nazione possiede; sono un paio di migliaia di uomini che tutta la vita hanno dedicato allo studio (sperimentale) delle scienze politiche ed economiche; che durante decine d'anni d'esilio hanno analizzato e sviscerato tutti i problemi della rivoluzione; che nella lotta, nel duello impari contro la potenza dello zarismo, si sono temprati un carattere d'acciaio; che, vivendo a contatto di tutte le forme della civiltĂ  capitalista d'Europa, d'Asia, d'America, immergendosi nelle correnti mondiali dei traffici e della storia, hanno acquistato una coscienza di responsabilitĂ  esatta e precisa, fredda e tagliente come la spada dei conquistatori d'imperi.

I comunisti russi sono un ceto dirigente di primo ordine. Lenin si è rivelato, testimoni tutti quelli che lo hanno avvicinato, il più grande statista dell'Europa contemporanea; l'uomo che sprigiona il prestigio, che infiamma e disciplina i popoli; l'uomo che riesce, nel suo vasto cervello, a dominare tutte le energie sociali del mondo che possono essere rivolte a benefizio della rivoluzione; che tiene in iscacco e batte i più raffinati e volpini statisti della routine borghese.

Ma altro è la dottrina comunista, il partito politico che la propugna, la classe operaia che la incarna consapevolmente, e altro è l'immenso popolo russo, disfatto, disorganizzato, gettato in un cupo abisso di miseria, di barbarie, di anarchia, di dissoluzione da una guerra lunga e disastrosa. La grandezza politica, il capolavoro storico dei bolscevichi in ciò appunto consiste: nell'aver risollevato il gigante caduto, nell'aver ridato (o dato per la prima volta) una forma concreta e dinamica a questo sfacelo, a questo caos; nell'aver saputo saldare la dottrina comunista con la coscienza collettiva del popolo russo, nell'aver gettato le solide fondamenta sulle quali la società comunista ha iniziato il suo processo di sviluppo storico, nell'avere, in una parola, tradotto storicamente nella realtà sperimentale la formula marxista della dittatura del proletariato. La rivoluzione è tale e non una vuota gonfiezza della retorica demagogica, quando si incarna in un tipo di Stato, quando diventa un sistema organizzato di potere. Non esiste società se non in uno Stato, che è la sorgente e il fine di ogni diritto e di ogni dovere, che è garanzia di permanenza e di successo di ogni attività sociale. (1) La rivoluzione proletaria è tale quando dà vita e s'incarna in uno Stato tipicamente proletario, custode del diritto proletario, che svolge le sue funzioni essenziali come emanazione della vita e della potenza proletaria.

 

I bolscevichi hanno dato forma statale alle esperienze storiche e sociali del proletariato russo, che sono le esperienze della classe operaia e contadina internazionale; hanno sistemato in organismo complesso e agilmente articolato la sua vita più intima, la sua tradizione e la sua storia spirituale e sociale più profonda e amata. Hanno rotto col passato, ma hanno continuato il passato; hanno spezzato una tradizione, ma hanno sviluppato e arricchito una tradizione: hanno rotto col passato della storia dominato dalla classe possidente, hanno continuato, sviluppato, arricchito la tradizione vitale della classe proletaria, operaia e contadina. In ciò sono stati rivoluzionari, perciò hanno instaurato l'ordine e la disciplina nuovi. La rottura è irrevocabile, perché tocca l'essenziale della storia, è senza possibilità di ritorni indietro, ché altrimenti un immane disastro piomberebbe sulla società russa. Ed ecco iniziarsi un formidabile duello con tutte le necessità della storia, dalle più elementari alle più complesse, che occorreva incorporare nel nuovo Stato proletario, dominare, infrenare nelle funzioni del nuovo Stato proletario.

 

Bisognava conquistare al nuovo Stato la maggioranza leale del popolo russo. Bisognava rivelare al popolo russo che il nuovo Stato era il suo Stato, la sua vita, il suo spirito, la sua tradizione, il suo patrimonio più prezioso. Lo Stato dei Soviet aveva un ceto dirigente, il Partito comunista bolscevico; aveva l'appoggio di una minoranza sociale rappresentante la consapevolezza di classe, degli interessi vitali e permanenti di tutta la classe, gli operai dell'industria. Esso è divenuto lo Stato di tutto il popolo russo (2) e ciò hanno ottenuto la tenace perseveranza del Partito comunista, la fede e la lealtà entusiastiche degli operai, l'assidua e incessante opera di propaganda, di rischiaramento, di educazione degli uomini eccezionali del comunismo russo, condotti dalla volontà chiara e rettilinea del maestro di tutti, Nicola Lenin. Il Soviet si è dimostrato immortale come la forma di società organizzata che aderisce plasticamente ai multiformi bisogni (economici e politici) permanenti e vitali della grande massa del popolo russo, che incarna e soddisfa le aspirazioni e le speranze di tutti gli oppressi del mondo.

 

La guerra lunga e disgraziata aveva lasciato una triste ereditĂ  di miseria, di barbarie, di anarchia; l'organizzazione dei servizi sociali era sfatta; la compagine umana stessa si era ridotta a un'orda nomade di senza lavoro, senza volontĂ , senza disciplina, materia opaca di una immensa decomposizione. Il nuovo Stato raccoglie dalle macerie i frantumi logori della societĂ  e li ricompone, li rinsalda: ricrea una fede, una disciplina, un'anima, una volontĂ  di lavoro e di progresso. Compito che potrebbe essere gloria di un'intera generazione.

Non basta. La storia non è contenta di questa prova. Nemici formidabili si drizzano implacabilmente contro il nuovo Stato. Si batte moneta falsa per corrompere il contadino, si stuzzica il suo stomaco affamato. La Russia viene tagliata da ogni sbocco al mare, da ogni traffico, da ogni solidarietà: viene privata dell'Ucraina, del bacino del Donetz, della Siberia, di ogni mercato di materie prime e di viveri. Su un fronte di diecimila chilometri bande di armati minacciano l'invasione: sollevazioni, tradimenti, vandalismi, atti di terrorismo e di sabotaggio vengono pagati. Le vittorie più clamorose si tramutano, per il tradimento, in rovesci subitanei.

Non importa. Il potere dei Soviet resiste: dal caos della disfatta crea un esercito potente che diviene la spina dorsale dello Stato proletario.

Premuto da forze antagonistiche immani trova in sé il vigore intellettuale e la plasticità storica per adattarsi alle necessità della contingenza, senza snaturarsi, senza compromettere il felice processo di sviluppo verso il comunismo.

 

Lo Stato dei Soviet dimostra così di essere un momento fatale ed irrevocabile del processo fatale della civiltà umana, di essere il primo nucleo di una società nuova.

Poiché gli altri Stati non possono convivere con la Russia proletaria e sono impotenti a distruggerla, poiché i mezzi enormi di cui il capitale dispone - il monopolio delle informazioni, la possibilità della calunnia, la corruzione, il blocco terrestre e marittimo, il boicottaggio, il sabotaggio, la slealtà spudorata (Prinkipo), (3) la violazione del diritto delle genti (guerra senza dichiarazione), la pressione militare con mezzi tecnici superiori - sono impotenti contro la fede di un popolo, è necessario storicamente che gli altri Stati spariscano o si trasformino omogeneamente alla Russia.

Lo scisma del genere umano non può durare a lungo. (4) L'umanità tende all'unificazione interiore ed esteriore, tende a organizzarsi in un sistema di convivenza pacifica che permetta la ricostruzione del mondo. La forma del regime deve farsi capace di soddisfare i bisogni della umanità. La Russia, dopo una guerra disastrosa, col blocco, senza aiuti, sola con le proprie forze, ha vissuto per due anni; gli Stati capitalisti, con l'aiuto di tutto il mondo, esasperando lo sfruttamento coloniale per la vita propria, continuano a decadere, aggiungono rovine a rovine, distruzione a distruzione.

La storia è dunque in Russia, la vita è dunque in Russia, solo nel regime dei Consigli trovano la loro adeguata soluzione i problemi di vita o di morte che incombono sul mondo. La Rivoluzione russa ha pagato la sua taglia alla storia, taglia di morte, di miseria, di fame, di sacrifizio, di volontà indomata. Oggi il duello arriva al suo culmine: il popolo russo si è levato tutto in piedi, gigante terribile nella sua magrezza ascetica, dominando la folla di pigmei che furiosamente l'aggrediscono.

Si è armato tutto per la sua Valmy. (5) Non può essere vinto; ha pagato la sua taglia. Deve essere difeso contro le orde di mercenari briachi, di avventurieri, di banditi che vogliono addentargli il cuore rosso e vivo. Gli alleati suoi naturali, i suoi compagni di tutto il mondo, devono fargli sentire un urlo guerriero che renda il suo urto irresistibile e gli apra le vie per rientrare nella vita del mondo.

 

NOTE

1. Qui e altrove Gramsci descrive unilateralmente dello Stato solo l'aspetto di istituzione sintesi dell'organizzazione sociale, che esercita alcune funzioni necessarie di essa e pretende, in forza di ciò, di essere il rappresentante e il portavoce dell'intera societĂ . Gramsci trascura qui e in altri passi l'altro aspetto essenziale dello Stato (quello di istituzione della classe dominante, rappresentante della piccola frazione sfruttatrice contrapposta alla massa della popolazione sfruttata). Questo aspetto non è però ignorato da Gramsci, come si può vedere dai testi Maggioranza e minoranza nell'azione socialista in L'Ordine Nuovo 15 maggio 1919, anno 1 n. 2, Democrazia operaia in L'Ordine Nuovo 21 giugno 1919, anno 1 n. 7 e La conquista dello Stato in L'Ordine Nuovo 12 luglio 1919, anno 1 n. 9. Ă