CLASSICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA

Indice degli scritti di A. Gramsci


A. Gramsci

 

Progresso e divenire

(tratto da A. Gramsci, Il materialismo storico, Ed. Riuniti, Roma 1977, pp.39-42)

 

Si tratta di due cose diverse o di aspetti diversi di uno, stesso concetto? Il progresso è una ideologia, il divenire è una concezione filosofica. Il «progresso» dipende da una determinata mentalità, a costituire la quale entrano certi elementi culturali storicamente determinati; il «divenire» è un concetto filosofico, da cui può essere assente il «progresso». Nell'idea di progresso è sottintesa la possibilità di una misurazione quantitativa e qualitativa: più e meglio. Si suppone quindi una misura «fissa» o fissabile, ma questa misura è data dal passato, da una certa fase del passato, o da certi aspetti misurabili ecc. (Non che si pensi a un sistema metrico del progresso). Come è nata l'idea del progresso? Rappresenta questa nascita un fatto culturale fondamentale, tale da fare epoca? Pare di sì. La nascita e lo sviluppo dell'idea del progresso corrisponde alla coscienza diffusa che è stato raggiunto un certo rapporto tra la società e la natura (incluso nel concetto di natura quello di caso e di «irrazionalità») tale per cui gli uomini, nel loro complesso, sono più sicuri del loro avvenire, possono concepire «razionalmente» dei piani complessivi della loro vita. Per combattere l'idea di progresso il Leopardi deve ricorrere alle eruzioni vulcaniche, cioè a quei fenomeni naturali che sono ancora «irresistibili» e senza rimedio. Ma nel passato c'erano ben più numerose forze irresistibili: carestie, epidemie, ecc. che entro certi limiti sono state dominate. Che il progresso sia stata una ideologia democratica è indubbio; che abbia servito politicamente alla formazione dei moderni Stati costituzionali ecc. pure. che oggi non sia più in auge, anche; ma in che senso? Non in quello che si sia perduto la fede nella possibilità di dominare razionalmente la natura e il caso, ma in senso «democratico»; cioè che i «portatori» ufficiali del progresso sono divenuti incapaci di questo dominio, perché hanno suscitato forze distruttive attuali altrettanto pericolose e angosciose che quelle del passato (ormai dimenticate «socialmente» se non da tutti gli elementi sociali, perché i contadini continuano a non comprendere il «progresso» cioè credono di essere, e sono ancora troppo in balia delle forze naturali e del caso, conservano quindi una mentalità «magica», medioevale, «religiosa») come le «crisi», la disoccupazione ecc. La crisi dell'idea di progresso non è quindi crisi dell'idea stessa, ma crisi dei portatori di essa idea, che sono diventati «natura» da dominare essi stessi. Gli assalti all'idea di progresso, sono molto interessati e tendenziosi.

Può disgiungersi l'idea di progresso da quella di divenire? Non pare. Esse sono nate insieme, come politica (in Francia), come filosofia (in Germania, poi sviluppata in Italia). Nel «divenire» si è cercato di salvare ciò che di più concreto è nel «progresso», il movimento e anzi il movimento dialettico (quindi anche un approfondimento, perché il progresso è legato alla concezione volgare dell'evoluzione).

Da un articoluccio di Aldo Capasso nell'«Italia Letteraria» del 4 dicembre 1932 riporto alcuni brani che presentano i dubbi volgari su questi problemi: «Anche da noi è comune l'irrisione verso l'ottimismo umanitario e democratico di stile ottocentesco, e Leopardi non è un solitario quando parla delle "sorti progressive" con ironia; ma s'è escogitato quell'astuto travestimento del "Progresso" che è l'idealistico "Divenire": idea che resterĂ  nella storia, crediamo, piĂą ancora come italiana che come tedesca. Ma che senso può avere un Divenire che si prosegue ad infinitum, un miglioramento che non sarĂ  mai paragonabile ad un bene fisico? Mancando il criterio di un ultimo gradino stabile, manca, del "miglioramento", l'unitĂ  di misura. E inoltre non si può arrivare nemmeno a pascersi della fiducia di essere, noi uomini reali e viventi, migliori, che so io, dei Romani o dei primi Cristiani, perchĂ© il "miglioramento" andando inteso in un senso tutto ideale, è perfettamente ammissibile che noi oggi siamo tutti "decadenti" mentre, allora, fossero quasi tutti uomini pieni o magari santi. SicchĂ©, dal punto di vista etico, l'idea d'ascesa ad infinitum implicita nel concetto di divenire resta alquanto ingiustificabile, dato che il "melioramento" etico, è fatto individuale e che nel piano individuale è proprio possibile concludere, procedendo caso per caso, che tutta l'epoca ultima è deteriore... E allora il concetto del Divenire ottimistico si fa in questa situazione, inafferrabile tanto sul piano ideale quanto nel piano reale (...). Ă